Un’ esplosione di ritmi

I Weather Report sono stati uno dei gruppi più significativi degli anni’70 e ’80, protagonisti per una quindicina d’anni di quella stagione della “fusion”(o “crossover” che dir si voglia) impropriamente categorizzata dalla critica specializzata del tempo come semplice fase di commercializzazione di un jazz  che si approssimava a suoni e ritmi più vicini a generi di maggior riscontro popolare, come il Rock. Non che la cosa fosse significativa, in quanto in quegli anni qualsiasi cosa non suonasse “free”, “contro”, o “avanguardia”, da noi non era minimamente presa in considerazione. Un atteggiamento pregiudiziale che in realtà è ancora riscontrabile oggi in buona parte della nostra critica jazz, vecchia più di pensiero che di età anagrafica, e che è rimasta al palo su certi concetti, cercando forse di condizionare il gusto dei fruitori a propria (poco piacevole) immagine e somiglianza, mentre la musica fortunatamente progrediva autonomamente e per altre vie. Sta di fatto che la musica dei Weather Report per certi versi ha tenuto meglio di altre gli effetti del passare del tempo e  il fenomeno “fusion” ha mostrato di essere ben più complesso, articolato e di ardua generalizzazione di come è stato semplicisticamente a suo tempo descritto. A tal proposito suggerirei di rileggersi un interessante saggio sul tema pubblicato tempo fa dal sito Free Fall Jazz e a firma Gianni M. Gualberto, in cui si cerca di spiegare il fenomeno in termini meno superficiali e approssimativi di quanto non sia stato fatto in passato.

Sta di fatto che i Weather Report hanno influenzato e favorito la nascita di molte altre formazioni del genere, tra cui si potrebbero citare gli Steps Ahead, gli Yellow Jackets, gli Spyro Gyra, tra gli altri, e prima ancora di questi, quasi negli stessi anni di affermazione dei W.R., i nostri Perigeo. Nessuno di questi però ha saputo raggiungere a mio avviso il loro livello musicale, con analoghi risultati artistici. Il tema Weather Report meriterebbe in effetti l’analisi di diversi aspetti che si sono poi manifestati nella musica improvvisata dei decenni successivi, ma ritengo che questa non sia la sede adeguata per operarne l’approfondimento.

La band nacque fra la fine degli anni ’60 e inizio anni’70 da un gruppo di musicisti che ruotavano intorno a Miles Davis. I leader indiscussi del gruppo sono stati per tutto l’arco di tempo della sua esistenza il pianista Joe Zawinul e il sassofonista Wayne Shorter, mentre gli altri musicisti mutavano, in parte o del tutto, quasi ad ogni nuova incisione. Probabilmente il punto più alto il gruppo l’ha raggiunto nel periodo di permanenza di quel gran genio del basso elettrico che è stato Jaco Pastorius, tra il 1975 e il 1980, ma anche negli altri periodi, specie in quello antecedente al suo ingresso nella band, la musica non è stata da meno, seppur con caratteristiche diverse nel sound complessivo e in parte negli intenti.

Una dei punti di forza del gruppo, oltre alle superbe capacità compositive e di improvvisatori dei due leader che ne hanno fornito la gran parte del materiale tematico, è da ricercare nella potenza ritmica che la band ha manifestato in tutte le sue diverse edizioni. Una autentica esplosione di ritmi, il che, per quel che mi concerne, è l’elemento fondamentale che più mi fa avvicinare al jazz a questa musica, a suo tempo giudicata derivativa, rispetto a tanta pseudo avanguardia e musica di oggi che ha fatto del progressivo depauperamento dell’elemento ritmico, e conseguente affrancamento dalle radici afro-americane, la sua peculiarità.

Il brano che sto per proporvi proviene da uno dei dischi più compatti e rappresentativi, ma meno citati, dei W.R., dove l’elemento ritmico è in grande evidenza, sia a livello di strumentazione che di modalità esecutive. Wayne Shorter in particolare fa bella mostra di tutto il suo originalissimo senso ritmico, emergendo anche come strepitoso solista e specialista del sax soprano, con un sound tra i più imitati in ambito di fusion (e non solo in quello).

La formazione della band è la seguente:

Josef Zawinul: Rhodes piano, melodica, acoustic piano, TONTO synthesizer, Arp 2600 synthesizer, organ, steel drums, out, mzuthra, vocals, West Africk, xylophone, cymbals
Wayne Shorter: Soprano sax
Alphonso Johnson: Electric bass
Ndugu (Leon Chancler): Drums, tympani, marching cymbals
Alyrio Lima: Percussion

Buon ascolto e buon inizio settimana.

4508534Man in The Green Shirt

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