João Gilberto: il ritmo percepito e non esplicitato

Come ho detto altre volte sono contrario a produrre dei “coccodrilli” quando muore qualche grande musicista a meno che si tratti di farlo perché si sente sinceramente l’esigenza di scrivere qualcosa. Su  João Gilberto in questo giorni si è scritto e detto tanto, talvolta a proposito, altre volte in modo superficiale e a sproposito e non ho intenzione di aggiungermi. Posso solo far presente come abbia sempre ammirato in Gilberto una dote rara (da noi quasi introvabile) ma davvero indispensabile nel jazz e dintorni, ossia quella di “sentire” il tempo senza esplicitarlo, manifestando una flessibilità ritmica dettata dall’assoluto dominio nella gestione del tempo. Una lezione questa che direi è estendibile alle musiche di entrambi i continenti americani che hanno saputo imprimere una virata (ritmica) decisiva alla musica del Novecento (e oltre).

Per il resto mi limito a lasciar parlare la musica e a suggerire in particolare due suoi gioielli all’interno della sua discografia. Si tratta di Amoroso/ Brasil inciso negli anni ’70 per la Warner e il solo a Montreux del 1985. A nostro avviso due capolavori assoluti. Propongo perciò qualche esempio qui sotto. In particolare la sua versione di Estate di Bruno Martino è da considerare memorabile proprio per la gestione ritmica di cui si accennava. Direi inimitabile. Buon ascolto

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